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Dall'idea di intrattere i pendolari con storie facili e pratiche alle leggende sul nome di Diabolik, scopriamo qualcosa in piú su questo leggendario fumetto.
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Oggi, tutti quanti sanno chi è Diabolik, ma all'inizio le sorelle Giussani si sono occupate della distribuzione nelle edicole in prima persona. Il primo numero di Diabolik racchiude misteri mai svelati e non per tutti è stato una soddisfazione immediata.
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A rendere Diabolik così affascinante e misterioso non contribuiscono solo alleati e avversari, ma anche il ruolo di Eva Kant è fondamentale già dalla sua prima apparizione.
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Parliamo del modo di disegnare Diabolik. Stile, caratterizazione e definizione cambiano molto tra un disegnatore e l'altro e qui scopriamo le differenze.
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Diabolik è un lavoro di gruppo e qui si parla di come i soggetti e le sceneggiature vengono gestiti a partire dallo spunto fino allo sviluppo della storia articolata.
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Le storie e i soggetti di Diabolik sono spesso frutto di un'idea di lettori o collaboratori. Non ci sono manuali su cosa è giusto o meno nello scrivere Diabolik. Sentiamo in che modo Diabolik è stato un fumetto di rottura.
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L'importatore della Jaguar all'inizio non voleva che un ladro guidasse le auto che lui vendeva, sarebbe stato negativo per l'immagine e così diffidò le sorelle Giussani. Da quel momento poi però molte cose sono cambiate e Diabolik oggi è richiesto per varie campagne.
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Questa parte riguarda il film che fu realizzato sulla storia di Diabolik. Non tutti furono soddisfatti, comprese le sorelle Giussani, ma a quei tempi bisognava rispettare certi standard internazionali.
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Questo film documentario è il racconto degli italiani in lockdown. Tutto ha inizio in Cina, nella città di Wuhan da dove è partito il coronavirus.
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Gli operatori sanitari sono stati in prima linea nella lotta contro il Covid. Una di loro ci racconta brevemente cosa succede nei reparti della terapia intensiva. Un'intera famiglia decide di trasferirsi nella loro casa sull'isola di Tavolara perché isolarsi, appunto, era l'unico modo per sopravvivere durante la prima ondata. Mentre una folla di gente in fuga al sud invade la stazione centrale di Milano, la città si svuota. Un rider ci mostra la desolazione di Milano e le difficoltà di lavorare durante una pandemia.
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Un uomo racconta di aver baciato "per sbaglio" la madre e della rabbia che prova al pensiero di come questo virus abbia stravolto in negativo le nostre vite. È l'undici marzo 2020 e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia le ulteriori restrizioni per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19.
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Nella prima parte del video siamo a Ny-Alesund, a mille chilometri dal Polo Nord. È un posto abbastanza isolato e forse per questo non è stato colpito dal Covid. Gli altri protagonisti del video continuano a trascorrere le loro giornate chiusi in casa. Alcuni fanno fatica ad alzarsi dal letto, altri si tengono impegnati a fare sport o a salire sui tetti e alcuni si preparano a venire al mondo.
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Una professoressa in DAD (didattica a distanza) parla ai suoi alunni di Leopardi, ma i ragazzi non sembrano entusiasti. Due ballerini provano ad arrangiarsi in casa continuando a fare esercizio fisico e qualche passo di danza.
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L'unico aspetto positivo del lockdown per le persone che continuavano ad andare al lavoro era l'assenza totale di traffico per le strade e i mezzi di trasporto vuoti. In alcune case, i genitori continuavano a lavorare in modalità "smart working" e i figli studiavano da casa. La famiglia rifugiatasi a Tavolara è riuscita a trascorrere delle belle giornate nonostante il difficile periodo.
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Durante la prima ondata della pandemia, i medici si occupavano quasi esclusivamente dei pazienti affetti da Covid. Non li curavano e basta, gli stavano vicini anche nei momenti più difficili.
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